Harlem Globetrotters: quelli che il basket lo fanno volare

Una squadra che ha riscritto le regole senza mai giocare davvero per vincere. Un pallone che gira sul dito, e intanto il mondo cambia

Harlem Globetrotters in tour
Harlem Globetrotters: quelli che il basket lo fanno volare (AnsaFoto) – pallacanestrotrieste2004.it

Era il 1926 e in America c’erano cose che oggi sembrano preistoria: la segregazione razziale, i bigodini nelle radio, le partite di basket giocate nei granai. Eppure, proprio in quel tempo che pare a colori seppia, qualcuno ha avuto un’idea che avrebbe cambiato per sempre il modo di vedere lo sport. Non di giocarlo, attenzione. Di vederlo.

I protagonisti? Non ancora famosi, non ancora leggenda. Ma già un po’ fuori dagli schemi, anche quando gli schemi erano il minimo sindacale per sembrare “seri”. E invece loro – un gruppo di ragazzi afroamericani con una palla da basket e tanta voglia di far sorridere – decisero che la leggerezza poteva avere un ruolo anche sul parquet.

Oggi li conosciamo come Harlem Globetrotters, ma il nome è solo una parte del racconto. Il resto lo scrivono i polpastrelli, le capriole, le risate che accompagnano ogni palleggio. Il resto lo fa la gente, che da quasi cent’anni continua a seguirli come si segue uno spettacolo itinerante, un pezzo di infanzia che gira il mondo senza mai invecchiare.

La loro è un’opera teatrale in scarpe da ginnastica. Ogni partita è uguale eppure unica. Ogni città li accoglie come fossero vecchi amici, ogni bambino li guarda come fossero supereroi venuti a prendersi una pausa dalla Marvel.

Il segreto? Forse è la combinazione di sport, umorismo e inclusività. O forse è solo il fatto che, anche per chi non capisce le regole del basket, i Globetrotters fanno bene al cuore. Non servono replay o cronometri. Basta una risata, un palleggio e una schiacciata fatta al rallentatore. Il resto, come spesso accade, lo fa la magia.

Uno show che ha cambiato le regole del gioco

Non hanno mai vinto un anello NBA. Non hanno mai cercato di farlo. Eppure il loro impatto sul basket è stato più profondo di molte finali vinte all’ultimo secondo. Perché i Globetrotters hanno preso quello sport ruvido e geometrico e lo hanno trasformato in qualcosa che assomiglia più a un musical che a una partita.

Harlem Globetrotters
Uno show che ha cambiato le regole del gioco (AnsaFoto) – pallacanestrotrieste2004.it

anno creato un format che è rimasto praticamente identico per decenni: i buoni (loro), i cattivi (i Washington Generals, poveracci), una sceneggiatura collaudata eppure sorprendente ogni volta, una palla che gira sul dito, uno scherzo all’arbitro, una finta così esagerata da sembrare una gag di Stanlio e Ollio.

Ma dietro la comicità, c’è sempre stato talento vero. Alcuni Globetrotters sarebbero potuti diventare star NBA senza passare dal via. Wilt Chamberlain, uno su tutti, ha fatto entrambi i percorsi. Ma per molti il richiamo del pubblico, l’abbraccio delle folle e la libertà di espressione contavano di più delle statistiche.

In quasi un secolo hanno girato tutto il pianeta. Non è una battuta: più di 120 Paesi visitati, spesso anche dove il basket nemmeno sapevano cosa fosse. Hanno giocato di fronte a papi, re, presidenti e bambini di periferia. Hanno suonato il campanello dell’ONU prima che fosse di moda parlare di diplomazia sportiva.

E lo hanno fatto portando un messaggio semplice, ma potente: lo sport può unire anche senza competizione. Basta una palla, qualche trucco e la voglia di condividere. Non è poco, in un’epoca in cui tutto deve essere vinto, dominato, monetizzato.

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